Il ridotto a Palazzo Dandolo di Pietro Longhi


“Palazzo Dandolo a San Moisè gode di una fama internazionale. Al Ridotto è fatto obbligo a tutti di nascondere il volto. Ne sono esenti soltanto coloro che tengono i banchi da gioco, patrizi decaduti, detti barnaboti, stipendiati dallo Stato, che si riconoscono per la toga nera, la stola bianca e la parrucca incipriata.

Ogni notte vi si possono vincere fortune inaudite o perdere patrimoni secolari.

Il salone è illuminato dai lampadari in vetro di Murano opalescente. Nelle sovrapporte, i severi ritratti dei Procuratori della Repubblica in toga rossa ricordano ai frequentatori che quella è la prima casa da gioco istituita a Venezia e che l’occhio della Serenissima è ognora vigile su quanto vi succede.

I due grandi tavoli collocati sui lati opposti della sala erano affollati di giocatori vocianti e quasi rissosi. Nel mezzo capannelli di damerini cerimoniosi e dame galanti, chiacchieravano o ridevano a gola spiegata. Una coppia di maschere sembrava occupata in schermaglie amorose. Due signori, più riservati, avevano l’aria di trattare lucrosi affari o, forse, di patteggiare accordi politici. Era una folla di personaggi colorati che, protetti dalla maschera, si sentivano un po’ tutti uguali e complici.

Nelle numerose salette adiacenti, altre maschere si assiepavano per giocare alla bassetta, alla tavola reale, al biribissi, al gilè alla greca, alla meneghella, al picchetto e al tresette. In questi giochi l’abilità spesso non è richiesta, la fortuna sempre, e meno il gioco esige doti personali, più alto è l’azzardo, più inebriante il divertimento e più rovinoso lo sfacelo.

Nella sala grande incrociammo qualche amico che identificammo o per un anello originale o un neo stravagante, o per un gesto o una movenza particolari. Con qualcuno ci si salutò con un impercettibile cenno del capo, con altri si scambiò qualche parola. ”

(brano tratto dal romanzo “Il segreto nello sguardo. Memorie di Rosalba Carriera, prima pittrice d’Europa“, Angelo Colla Editore, 2012)

La cronaca di una serata al Ridotto è resa con mano sicura, scenografica messinscena e sobria cromia da Pietro Longhi, il più acuto cronista della mondanità veneziana del Settecento.

Pietro Falca detto Longhi (bottega), Il ridotto a Palazzo Dandolo, c. 1750, olio su tela, Gallerie d’Italia – Vicenza


Una replica a “Il ridotto a Palazzo Dandolo di Pietro Longhi”

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