Giovanna degli Albizzi Tornabuoni di Ghirlandaio


Imperturbabile e malinconica, ritratta nel fiore degli anni, ella vive per sempre in questo dipinto, eseguito nell’anno della sua morte, nel 1488.

Aveva un’acconciatura originale che la rendeva riconoscibile tra le belle donne di Firenze: dalla crocchia intrecciata lasciava ricadere dei riccioli liberi ai lati del volto. Un vezzo, una vanità, una piccola ribellione.

Sempre attenta alla moda, qui indossa una gamurra rossa a motivi floreali e a losanga. Dalle maniche, legate con lacci, fanno capolino i timidi sbuffi della camicia bianca. La giornea gialla a ricami floreali ravviva l’austerità dell’insieme.  Le mani giunte stringono un fazzoletto. 

Pochi gioielli per un’eleganza di valore: un grosso pendente con perle e un rubino, legato da un nastro scuro sul collo. Il profilo netto come una lama si staglia grazie all’abito dai colori smaltati contro lo stipo scuro, che racconta con pochi oggetti la sua breve storia: un libro di preghiere semichiuso, una collana a grani rossi di corallo appesa (probabilmente un rosario), la spilla dimenticata. Fede e vanità, modestia e decoro, le sue virtù.

L’iscrizione latina è tratta da un epigramma di Marziale: ARS    VTINAM   MORES ANIMVM   QVE EFFINGERE POSSES  PVLCHRIOR IN TERRIS  NVLLA TAMBELLA  FORET   MCCCCLXXVIII:

Arte, volesse il cielo che tu potessi rappresentare il comportamento e l’animo, non ci sarebbe in terra tavola più bella. 1488“.

Giovanna degli Albizzi, sposata Tornabuoni, è la protagonista di uno dei più bei ritratti del rinascimento. 

Domenico Ghirlandaio (Firenze, 2 giugno 1448 – 11 gennaio 1494), Giovanna degli Albizzi Tornabuoni, 1488, tempera su tavola, Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid

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