Autoritratto sulla Bugatti verde di Tamara de Lempicka


Celebriamo il (vero) compleanno di Tamara de Lempicka (Varsavia, 16 giugno 1894 – Cuernavaca, Messico, 18 marzo 1980), scoperto solo nel 2024 grazie alle ricerche della studiosa Gioia Mori, con un brano del romanzo “Diva d’acciaio” che narra gli avvenimenti attorno al famoso dipinto “Autoritratto sulla Bugatti verde”.


Nizza, 1939. Dialogo tra Clare Bryce giornalista incaricata dell’indagine sulla pittrice e Elsa Herzog, la direttrice del giornale “Die Dame”.

(Clare) Ho chiarito che non volevo sentirmi ripetere la solita storia del loro incontro a Montecarlo, quando la giornalista tedesca, passeggiando per le vie del centro, aveva visto Tamara de Lempicka parcheggiare l’automobile in modo volitivo, scendere ed entrare nel negozio Chanel.
«La leggenda narra che sia nata in quella occasione l’ispirazione per il celebre dipinto». E mentre discorrevo, ho estratto la fotografia dell’opera.

Alla guida dell’auto verde, Tamara esibiva una ciocca ribelle che sfuggiva dal caschetto, mani affusolate in guanti di daino beige, e una presa del volante sicura. Una fiera donna virile. Era stata la stessa Tamara a raccontare questo fatto in molte interviste. La pittrice ricordava di aveva trovato un biglietto da visita sul parabrezza dell’auto, con l’indirizzo dell’Hotel Ruhl di Nizza, con queste parole:
“Lei è così bella quando è in automobile che mi piacerebbe incontrarla.”

Dopo qualche giorno, Tamara si era presentata alla reception dell’Hotel e si era fatta annunciare come “la ragazza dell’automobile”. L’incontro si era concluso con la commissione di un ritratto di sé stessa alla guida della sua Bugatti come copertina della rivista. Alla fine del mio breve resoconto, Elsa ha sorriso sorniona e io ho avuto la certezza di aver condotto la mia collega all’inizio di
una confessione liberatoria.

«Così Tamara de Lempicka realizzò il suo quadro più famoso, e lei, mia cara, come tutti quelli che hanno letto le cronache mondane, è la prova vivente che tutti pensano di conoscere la vera storia di questa fortunata commissione…tuttavia gli avvenimenti si sono svolti in modo ben diverso, a cominciare dal fatto, non
secondario, che all’epoca non ero la direttrice del giornale!» ha concluso assaporando quell’istante d’attesa carico di suspense che precede il dirompere di altre rivelazioni.
Quando il momento di appagamento fu trascorso, la giornalista ha ripreso:

«Non mi stancherò mai di sottolineare che Tamara de Lempicka è una Venere che nasconde l’acume di Minerva e lo spirito battagliero delle Furie antiche. Una donna così non lascia nulla al caso! Costruisce da sola il proprio mito, non permette a nessuno di raccontare la sua storia. Al contrario, cesella ogni singolo tassello della propria immagine. In fin dei conti la creazione di un mito non è forse una manipolazione del reale in funzione di un’irreale perfezione?»» mi ha chiesto retoricamente Elsa, mentre io annuivo guardandomi dall’interrompere il flusso dei suoi pensieri.
La tedesca ha iniziato la sua inedita ricostruzione dei fatti.

“Diva d’acciaio. Il caso Tamara de Lempicka, Gaspari Editore, 2023, pp. 166-167


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