Maternità di Tamara de Lempicka


La gallerista Colette Weil …” aveva aggiunto anche qualche consiglio … (Tamara) Avrebbe potuto ritrarre belle bambine in pose quotidiane, sedute in poltrona con un orsacchiotto oppure mentre leggevano alla finestra. Avrebbe potuto dipingere qualche maternità, se era nelle sue corde. E infine avrebbe potuto cimentarsi con soggetti religiosi, una “Madonna orante” o con il bambino. Le immagini devozionali potevano essere esteticamente gradevoli, anche se dipinte da un artista privo di fede. Erano tutti generi che si ritagliavano un proprio mercato di nicchia nelle esposizioni.
Colette ha proseguito:
«Le assicurai che ritratti di bambini, proprio perché sono difficili e rari, e temi religiosi trattati in modo moderno, avrebbero accontentato l’altra metà della clientela che non amava i nudi».
(Diva d’acciaio. Il caso Tamara de Lempicka, Gaspari Editore, 2023, pp. 254-55)

La maternità è un tema minore, anche se presente, nella produzione di Tamara de Lempicka. Accanto a ritratti di bambini, le maternità davano voce a una produzione meno trasgressiva e più intima. L’artista laicizza la “Madonna del latte”, in linea con la produzione degli anni ’10-20 del secolo, come già fecero Felice Casorati e Gino Severini. Il tema però viene proposto all’insegna dell’estrema eleganza, e nonostante la tristezza riscontrata dalla critica – che io definirei malinconia – l’intonazione glamour si coglie negli orecchini a perla, nella pettinatura impeccabile, il trucco ombroso e il rossetto rosa perfettamente intonato con lo scialle.

Tamara de Lempicka, Maternità, 1928, olio su legno


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