La vita che brulica, in tutte le forme e in tutte le direzioni; conquista nuovi mondi e nuove dimensioni, che muore e si rigenera.
La bruttezza si specchia nella bellezza, la maternità si oppone alla morte, la falsità si scontra con l’onestà, la tecnologia spezza il condizionamento, la ricerca scientifica abbatte i pregiudizi.
C’è tutto in questi metri quadrati di palpitanti radiant boy; la parete vibra della frenesia che è propria dell’esistere. Perché la vita vince sempre, contro tutti i mali del mondo.
A Pisa, attorniato da una città che lo ha accolto come un divo “di quartiere”, Haring, già divo mondiale, ha lavorato per 4 giorni dall’alba al tramonto e anche oltre. Giovani, galleristi e artisti, ragazzi di strada e semplici passanti, tutta la cittadinanza ha vissuto quest’opera d’arte come un evento memorabile.
E lui, generoso, ha passato il suo tempo con tutti. Quel tempo che per lui stava per scadere. Questa è una delle sue ultime opere, il suo testamento spirituale.
Interpellato dai media sul titolo, Haring disse: “se dovesse avere un titolo sarebbe qualcosa come Tuttomondo!”
Keith Haring (Reading (Pennsylvania), 4 maggio 1958 – New York, 16 febbraio 1990), Tuttomondo, 1989, acrilici su intonaco, Pisa, parete laterale della Chiesa di Sant’Antonio abate
