Il rumore dell’acqua, che scorre nella vasca interrata, scroscia ritmico, caldo e sciaborda calmo creando bolle soffuse, discrete. Nell’aria si diffonde un vapore azzurrino all’essenza di gelsomino.
Il letto disfatto accartoccia nelle sue ben definite pieghe tutte le storie che non potrò mai raccontare.
Chi sono io? Ho forse un nome o un cognome? Non importa. Sono abituata a impersonare tutte le donne della storia, da Venere a Maria Maddalena, e nel mio cuore porto segreti che soltanto il sole sulle lenzuola stese può asciugare.
Mi trattengo, come impigliata tra le cortine, seduta sul letto, assorta nei miei pensieri, con il viso inclinato nella penombra. Mentre aspiro il profumo che si diffonde, avvolgo il lenzuolo al braccio sinistro, quello del cuore, per bendare inutilmente una ferita immaginaria.
Mi sono acconciata i capelli con un drappo a fasce bianche e rosse, alla moda orientale. Una semplice accortezza nello scegliere alcune stoffe e certi profumi, al posto di altri, induce la nostra fantasia a viaggiare per mondi lontani, verso un oriente a portata di mano: non trovi?
Chi sei tu, ladro della mia intimità? Non mi volto, anche se ti sento alle mie spalle. Mi sembra di scorgerti nei riflessi dell’acqua tremula, compiaciuto nell’animo e orgoglioso in volto per aver violato la mie stanze segrete.
T’illudi forse ch’io non me ne accorga?
Hai sfiorato il drappo di velluto verde dolcemente, come per allenare le tue dita a una carezza lentissima. Con un movimento accorto hai fatto scorrere i ganci per scostare la tenda, li hai accompagnati con lo sguardo e il respiro trattenuto della spia. Pregusti già l’incontro dei nostri occhi. Io però resisto, mentre ti sento ma non ti vedo.
Noti che non ho indossato i sandali rossi? Certo! Lo sento che ammiri i miei piedi che restano nudi, incrociati nell’attesa. Assapori il momento in cui, scostando il lenzuolo che tocca terra, con un piede mi accerterò della temperatura dell’acqua. Se non sarà di mio gradimento, attenderò ancora, seduta su questo letto, mio rifugio e mia isola.
Indispettito per il tuo mancato appagamento, forse sospirerai. Forse.
Se invece il tepore dell’acqua mi soddisferà, scenderò dal letto e finalmente mi immergerò.
Ma non t’illudere, caro sconosciuto, non ti darò la soddisfazione, voltandomi, di farmi trovare sorpresa, o peggio, impaurita dalla tua presenza.
Ho deciso di ignorarti… così non saprai mai chi sono io. Nella tua memoria rimarranno la silenziosa linea curva delle mie spalle e delle mie anche, il tempo dell’attesa al profumo di gelsomino e il rumore dell’acqua che tracima, come la tua insoddisfazione, dal bordo della vasca.
J. A. Dominique Ingres, La Bagnante di Valpinçon, 1808 – Museo del Louvre
